Barbatùus. Lo zio materno dei ragazzi

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Barbatùus. Lo zio materno dei ragazzi

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15,00 €

Autore: Agostino Melega

Casa Editrice: Cremona Produce

Testo: Italiano

Pagine: 154

Ora bisogna chiarire che quello del Barbatùus è semplicemente il riferimento parentale che la tradizione popolare ha dedicato in vernacolo al fratello maggiore di ogni madre della Valle del Po. Infatti con il vocabolo bàarba, fino agli anni Sessanta del secolo scorso, veniva chiamato a Cremona ed in tutto il territorio vicino alla città, lo zio materno più anziano. Era insomma l'attributo usato nei confronti pure degli adolescenti, ossia dei tùus. Da qui il significato completo del Barbatùus, ovvero lo “zio dei ragazzi”. 

Va da sé che questa attribuzione è venuta a suggerire all'autore del libro l'inevitabile quesito dell'origine della filastrocca medesima. Ebbene, lo stesso Melega, ricercatore dell'oralità dialettale, ha individuato l'ipotetica genesi della filastrocca servendosi delle tesi del folklorista Vladimir Jacovlevic Propp e di quelle del linguista italiano Mario Alinei, con i loro apporti specifici riferiti alla morfologia della fiaba e al “processo di caduta” avvenuto nei millenni.  

Così come Melega si è avvalso delle analisi sul fenomeno del totemismo cremonese e cremasco portato all'attenzione scientifica ed antropologica dallo studioso Valerio Ferrari.  

In sintesi possiamo dire che il testo di questa opera non viene altro che ad avvalorare l'ipotesi che il protagonista del libro, el Barbatùus, non sia stato altri che il padrino ancestrale dei rituali d'iniziazione cruenti e terrificanti di un'epoca primordiale, quella dei ragazzi e delle ragazze del paleolitico e del neolitico viventi fra i folti boschi della terra bagnata dal Po, in un contesto dominato da una cultura familiare strettamente matrilineare.

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Ora bisogna chiarire che quello del Barbatùus è semplicemente il riferimento parentale che la tradizione popolare ha dedicato in vernacolo al fratello maggiore di ogni madre della Valle del Po. Infatti con il vocabolo bàarba, fino agli anni Sessanta del secolo scorso, veniva chiamato a Cremona ed in tutto il territorio vicino alla città, lo zio materno più anziano. Era insomma l'attributo usato nei confronti pure degli adolescenti, ossia dei tùus. Da qui il significato completo del Barbatùus, ovvero lo “zio dei ragazzi”. 

Va da sé che questa attribuzione è venuta a suggerire all'autore del libro l'inevitabile quesito dell'origine della filastrocca medesima. Ebbene, lo stesso Melega, ricercatore dell'oralità dialettale, ha individuato l'ipotetica genesi della filastrocca servendosi delle tesi del folklorista Vladimir Jacovlevic Propp e di quelle del linguista italiano Mario Alinei, con i loro apporti specifici riferiti alla morfologia della fiaba e al “processo di caduta” avvenuto nei millenni.  

Così come Melega si è avvalso delle analisi sul fenomeno del totemismo cremonese e cremasco portato all'attenzione scientifica ed antropologica dallo studioso Valerio Ferrari.  

In sintesi possiamo dire che il testo di questa opera non viene altro che ad avvalorare l'ipotesi che il protagonista del libro, el Barbatùus, non sia stato altri che il padrino ancestrale dei rituali d'iniziazione cruenti e terrificanti di un'epoca primordiale, quella dei ragazzi e delle ragazze del paleolitico e del neolitico viventi fra i folti boschi della terra bagnata dal Po, in un contesto dominato da una cultura familiare strettamente matrilineare.

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