Monteverdi a San Marco - Venezia 1613 - 1643

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Monteverdi a San Marco - Venezia 1613 - 1643

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42,00 €
Tasse incluse

Autori: Rodolfo Baroncini e Marco Di Pasquale

Casa Editrice: Libreria Musicale Italiana

Pagine: 424

Testo: Italiano

In questo volume c'è anzitutto un'istituzione illustre, che ha sempre assolto a compiti liturgici e di altissima rappresentanza, facendovi fronte con grande spesa e una struttura complessa. Ricostruire quel quadro è basilare: la trama rituale, il personale a disposizione, le mansioni, i fini dell'istituzione; l'indagine sui profili intelettuali dei suoi responsabili fa emergere personalità che agivanoin un'ottica di vera e propria politica culturale. Questa poderosa macchina incala Monteverdi entro i binari delle proprie necessità, ma quest'ultimo non si limiterà all'adempimento dei suoi doveri. Al maestro di cappella e ai suopi sottoposti era riconosciuto il diritto a un'attività libero-prefessionale esercitata molto spesso organizzandosi in "compagnie": così dalla più importante chiesa cittadina gusti, stili, tecniche e artisti s'irradiavano nel contesto urbano investendo le chiese circostanti, ma anche gli spazi profani. Indispensabile è riflettere pure su implicazioni oggi non più così assodate, come le intense valenze semantiche di cui erano portatori, in quei frangenti liturgico-ceremoniali, paramenti, oggetti, gesti, azioni, regìa. e musiche. Tutto era carico di significato, e di storia: tradizione e consuetudini diuturnamente rivivificate conferivano continuità e riconfermavano ogni volta la ragion d'essere dell'esistente. Le esibizionipubbliche dei corpi musicali di Stato rappresentavano certo un'ostensione di fasto sonoro, ma allo stesso tempo anche il momento di condivisione "popolare" di esperienze musicali e cerimoniali non confinate negli spazi di un'ipotetica "città proibita", perfettamente in sintonia con un assetto politico fondato su un patyriziato urbano che coi ceti inferiori condivideva un fiero patriottismo. 

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In questo volume c'è anzitutto un'istituzione illustre, che ha sempre assolto a compiti liturgici e di altissima rappresentanza, facendovi fronte con grande spesa e una struttura complessa. Ricostruire quel quadro è basilare: la trama rituale, il personale a disposizione, le mansioni, i fini dell'istituzione; l'indagine sui profili intelettuali dei suoi responsabili fa emergere personalità che agivanoin un'ottica di vera e propria politica culturale. Questa poderosa macchina incala Monteverdi entro i binari delle proprie necessità, ma quest'ultimo non si limiterà all'adempimento dei suoi doveri. Al maestro di cappella e ai suopi sottoposti era riconosciuto il diritto a un'attività libero-prefessionale esercitata molto spesso organizzandosi in "compagnie": così dalla più importante chiesa cittadina gusti, stili, tecniche e artisti s'irradiavano nel contesto urbano investendo le chiese circostanti, ma anche gli spazi profani. Indispensabile è riflettere pure su implicazioni oggi non più così assodate, come le intense valenze semantiche di cui erano portatori, in quei frangenti liturgico-ceremoniali, paramenti, oggetti, gesti, azioni, regìa. e musiche. Tutto era carico di significato, e di storia: tradizione e consuetudini diuturnamente rivivificate conferivano continuità e riconfermavano ogni volta la ragion d'essere dell'esistente. Le esibizionipubbliche dei corpi musicali di Stato rappresentavano certo un'ostensione di fasto sonoro, ma allo stesso tempo anche il momento di condivisione "popolare" di esperienze musicali e cerimoniali non confinate negli spazi di un'ipotetica "città proibita", perfettamente in sintonia con un assetto politico fondato su un patyriziato urbano che coi ceti inferiori condivideva un fiero patriottismo. 

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